giovedì 12 ottobre 2017

Recensione di Susanna Polimanti




“Tra i respiri della natura
    mi porgo, aspettando
      caldi refoli di parole
       che mi tolgano
la maglia grigia dell’inverno!”




Un ritratto di fanciulla sfumata ed eterea, dell’artista Cesy Miriel Ciotti, apre la nuova silloge poetica di Elvio AngelettiRefoli di parole”(INTERMEDIA Edizioni) i cui versi mostrano palesemente una preziosa semplicità di un’atmosfera quasi magica, fortemente empatica.
Il refolo è sinonimo di soffio e di conseguenza dello Spirito, dell’influsso spirituale di origine celeste che improvviso si alza o si placa, generando nell’intimo del poeta, il Verbo; esso è il sovrano del campo sottile, intermediario tra la terra e il cielo, penetra, infrange e purifica “Ho creato un’immagine/fatta di parole e di sogni/ che fulgidi rapiscono i respiri”.
Una versatilità che non si fissa su particolari tematiche e non impone a un percorso di vita alcuna regola né costrizione ma lo vive in tutte le sue manifestazioni, non esitando ad avvolgerlo in un alone di poesia. Ogni verso riconduce al sollievo, a un’emozione gioiosa o sofferta nonché al ricordo “Il vivere mio sarà un ritornello/che ricorderà tutti i giorni/chi mi ha regalato una carezza”ove l’io poetico parla di sé ma è perfettamente in grado di parlare per tutti, sconfigge il tempo e lo ferma con grazia “ Nei momenti/dei miei giorni senza confini/sbaraglio i battiti del tempo[,]/come chiodi appesi nel vuoto/a sostenere la mia mente assonnata”.
In ogni lirica, stile e linguaggio sono visivi e descrittivi, misurano una profonda umanità, sottolineano un alto valore di simbolo morale ed evidenziano quella compostezza formale propria della personalità di Elvio Angeletti . Ciò che maggiormente si evince è che in tale poetica la ragione del sentimento è ben determinata a farsi valere, cercando nelle estasi segrete dell’anima qualunque battito, colore o luce che attenui l’angoscia mentale di quanto nel mondo possa indebolire la nostra serenità. Il poeta non fugge dalle amarezze cosmiche ma riesce a trasfigurarle in autentica poesia e coerenza figurativa, scegliendo parole e aggettivi che evocano profumi e istantanee di condivisa intimità. Le parole nascono e si rafforzano dall’introiezione dei diversi aspetti della natura, conferendo al verso uno strano fascino e una grande suggestione.
Credo fermamente che la poesia per Angeletti sia un’ancora di salvezza poiché, rimodellando su proprie immagini ideali il suo senso, a volte di frustrazione, la stessa diviene terreno fertile per risposte semplici a interrogativi esistenziali, in una struttura meno possibile articolata e dunque comprensibile al massimo.
Non meno importante è l’elemento spirituale che pervade la silloge. Infatti, secondo l’esperienza religiosa, la divinità può apparire accompagnata dal dolce mormorio  del vento o nel fragore della tempesta “Mi tolgo/il cappello e le scarpe/ e guardando il soffitto/cerco una preghiera”. Quello spazio vuoto ove soffia il vento è un potente simbolo di energia; è nella trasformazione del vento che nasce una nuova luce, risplende e dilegua le tenebre.  
Mi sovviene una stupenda citazione della poetessa Alda Merini: “la poesia è la pelle del poeta”e  trovo che sia un riferimento perfetto per tale personalità di artista sensibile ed emotivamente attento al vagheggiamento della bellezza e del sogno, in cui egli ama indugiarsi con profonda armonia e  particolare simbiosi; allo stesso tempo, mi piace pensare che possa avere una qualche parentela di pensiero e di spiritualità con il libanese Khalil Gibran.


SUSANNA POLIMANTI  


Cupra Marittima, 12.10.2017                                                 

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