“Tra i respiri della natura
mi porgo, aspettando
caldi refoli di parole
che mi tolgano
la maglia grigia dell’inverno!”
Un ritratto di fanciulla sfumata
ed eterea, dell’artista Cesy Miriel Ciotti, apre la nuova silloge poetica di Elvio Angeletti “Refoli di parole”(INTERMEDIA
Edizioni) i cui versi mostrano palesemente una preziosa semplicità di
un’atmosfera quasi magica, fortemente empatica.
Il refolo è sinonimo di soffio e
di conseguenza dello Spirito, dell’influsso spirituale di origine celeste che
improvviso si alza o si placa, generando nell’intimo del poeta, il Verbo; esso
è il sovrano del campo sottile, intermediario tra la terra e il cielo, penetra,
infrange e purifica “Ho creato
un’immagine/fatta di parole e di sogni/ che fulgidi rapiscono i respiri”.
Una versatilità che non si fissa
su particolari tematiche e non impone a un percorso di vita alcuna regola né
costrizione ma lo vive in tutte le sue manifestazioni, non esitando ad
avvolgerlo in un alone di poesia. Ogni verso riconduce al sollievo, a
un’emozione gioiosa o sofferta nonché al ricordo “Il vivere mio sarà un ritornello/che ricorderà tutti i giorni/chi mi ha
regalato una carezza”ove l’io poetico parla di sé ma è perfettamente in
grado di parlare per tutti, sconfigge il tempo e lo ferma con grazia “ Nei momenti/dei miei giorni senza
confini/sbaraglio i battiti del tempo[,]/come chiodi appesi nel vuoto/a
sostenere la mia mente assonnata”.
In ogni lirica, stile e
linguaggio sono visivi e descrittivi, misurano una profonda umanità,
sottolineano un alto valore di simbolo morale ed evidenziano quella compostezza
formale propria della personalità di Elvio
Angeletti . Ciò che maggiormente si evince è che in tale poetica la ragione
del sentimento è ben determinata a farsi valere, cercando nelle estasi segrete
dell’anima qualunque battito, colore o luce che attenui l’angoscia mentale di
quanto nel mondo possa indebolire la nostra serenità. Il poeta non fugge dalle
amarezze cosmiche ma riesce a trasfigurarle in autentica poesia e coerenza
figurativa, scegliendo parole e aggettivi che evocano profumi e istantanee di
condivisa intimità. Le parole nascono e si rafforzano dall’introiezione dei
diversi aspetti della natura, conferendo al verso uno strano fascino e una
grande suggestione.
Credo fermamente che la poesia
per Angeletti sia un’ancora di
salvezza poiché, rimodellando su proprie immagini ideali il suo senso, a volte
di frustrazione, la stessa diviene terreno fertile per risposte semplici a
interrogativi esistenziali, in una struttura meno possibile articolata e dunque
comprensibile al massimo.
Non meno importante è l’elemento
spirituale che pervade la silloge. Infatti, secondo l’esperienza religiosa, la
divinità può apparire accompagnata dal dolce mormorio del vento o nel fragore della tempesta “Mi tolgo/il cappello e le scarpe/ e
guardando il soffitto/cerco una preghiera”. Quello spazio vuoto ove soffia
il vento è un potente simbolo di energia; è nella trasformazione del vento che
nasce una nuova luce, risplende e dilegua le tenebre.
Mi sovviene una stupenda citazione
della poetessa Alda Merini: “la poesia è la pelle del poeta”e trovo che sia un riferimento perfetto per tale
personalità di artista sensibile ed emotivamente attento al vagheggiamento
della bellezza e del sogno, in cui egli ama indugiarsi con profonda armonia e particolare simbiosi; allo stesso tempo, mi
piace pensare che possa avere una qualche parentela di pensiero e di
spiritualità con il libanese Khalil Gibran.
SUSANNA POLIMANTI
Cupra Marittima, 12.10.2017
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